Il Sissy Squat: quando, come e perchè

In questo articolo ci occuperemo della dettagliata descrizione di uno degli esercizi più discussi e in grado di generare più dubbi tra quelli esistenti in palestra: il Sissy Squat. Si tratta di un esercizio che volge alla stimolazione selettiva del muscolo quadricipite femorale in una modalità estremamente peculiare, che lo rende praticamente unico ed impareggiabile in funzione dell’ipertrofia dei muscoli anteriori della coscia. Tuttavia, come vedremo, presenta anche alcuni rilevanti difetti che comportano relative controindicazioni.

 

Prima di cominciare, è importante ricordare che quando si analizza specificamente un esercizio bisogna tenere in considerazione tutte le strutture dell’organismo che vengono coinvolte (prevalentemente relative all’apparato locomotore attivo e passivo) per valutare non solo la funzionalità allenante dello stesso, ma anche i potenziali rischi a cui si può andare incontro nell’eseguirlo.

 

Essendo il Sissy Squauno schema motorio in grado di coinvolgere fortemente il quadricipite come muscolo protagonista, ma anche il ginocchio come principale articolazione coinvolta, non possiamo prescindere da una breve trattazione dell’anatomia e funzionalità di queste due componenti. Vedremo in seguito che anche l’articolazione prossimale (anca) e quella distale (caviglia) vengono coinvolte per lo svolgimento di una corretta esecuzione dell’esercizio.

Cenni di anatomia del quadricipite

Non andremo troppo nel dettaglio ma è bene avere alcuni concetti chiari. Quasi tutti i muscoli del corpo umano sono connessi alle ossa circostanti da tendini e presentano uno o più punti di origine (porzioni prossimali, cioè vicine alla linea mediana del corpo) e uno o più punti di inserzione (porzioni distali, cioè più distanti dalla linea mediana del corpo). In funzione dei propri punti di origine e di inserzione e del proprio decorso, un muscolo è in grado, tramite la sua contrazione, di avvicinare i capi ossei sui quali si inserisce. Nel caso del Quadricipite, questo alloggia sulla porzione anteriore della coscia e, come dice il termine stesso, si compone di quattro capi: tre di questi (vasto laterale, vasto mediale e vasto intermedio) prendono origine sulla porzione prossimale del femore, mentre il quarto (retto femorale) origina più in alto, sull’osso dell’anca. Decorrendo verso il basso, i quattro capi convergono sullo stesso tendine (tendine del quadricipite), che poi ancora più in basso diventa un legamento (legamento patellare) e si inserisce sulla porzione prossimale della tibia. La differenza tra un tendine e un legamento è che il primo connette un muscolo ad un osso, mentre il secondo un osso a un altro osso.

Considerando il decorso del quadricipite femorale possiamo affermare che questo sia un potente estensore del ginocchio grazie a tutti i suoi 4 ventri, e, esclusivamente grazie al retto femorale, anche un Flessore d’anca.

Visione anteriore della coscia
Quadricipite femorale: retto femorale e vasto intermedio decorrono lungo la stessa linea, ma il primo è più superficiale, il secondo è più profondo

Cenni di anatomia del ginocchio

Il ginocchio è l’articolazione più complessa del corpo umano e presenta due gradi di liberta:

 1. Flesso-estensione lungo il piano sagittale;

 2. Intra-extrarotazione a ginocchio flesso lungo il piano trasversale.

Le articolazioni che lo compongono sono in realtà due:

 1. Articolazione femoro-tibiale, costituita dai due condili femorali leggermente convessi e dai due condili tibiali leggermente concavi;

 2. Articolazione femoro-rotulea, in cui la rotula (o patella) si posiziona subito sopra i condili femorali a contatto con la troclea femorale.

Data la notevole instabilità del ginocchio, questo necessita di svariati dispositivi atti a impedire la sua lussazione (distaccamento completo dei capi articolari). Primi fra questi sono i Menischi, dei dischi ovali di fibrocartillagine che si adagiano sui condili tibiali aumentando la superficie di accoglienza dei condili femorali. Grazie alla loro composizione elastica, essi sono in grado di spostarsi anteriormente durante l’estensione del ginocchio e posteriormente durante la sua flessione per consentire un adeguato scorrimento dei capi articolari. Di fondamentale importanza sono anche i legamenti che stabilizzano il ginocchio. Questi sono:

 

 1. Collaterali mediale (internamente) e laterale (esternamente) che stabilizzano il ginocchio in senso trasversale, impedendo eccessive sollecitazioni in varo (ginocchio verso l’esterno) e in valgo (ginocchio verso l’interno);

 2. Crociati, che prendono questo nome perchè si incrociano tra loro originando dal femore e inserendosi sulla tibia all’interno della capsula articolare. Essi garantiscono stabilità in senso antero-posteriore e, in particolare, quello anteriore si tende in estensione (rendendosi quindi vulnerabile durante questo movimento) e il posteriore si tende in flessione.

Sono proprio i Crociati quelli che ci interesseranno maggiormente nella trattazione del Sissy Squat, poichè questo tende a generare forze articolari principalmente in senso antero-posteriore.

Visione anteriore del ginocchio destro

Cenni di anatomia dei muscoli ischiocrurali

Per completare il nostro breve excursus anatomo-funzionale, andiamo a osservare i muscoli della loggia posteriore della coscia. Qualcuno potrebbe chiedersi che senso abbia analizzarli, considerando che non sono il target principale dell’esercizio, però, come vedremo, la loro analisi è imprescindibile se vogliamo curare l’aspetto potenzialmente traumatico di questo esercizio.

 

Questi muscoli prendono il nome dal loro punto di origine (l’ischio, la protuberanza ossea che potete percepire dalle natiche sedendovi eretti su una sedia) e il loro punto di inserzione (la gamba, detta anche regione crurale). I tre ischiocrurali sono:

 1. Semitendinoso, origina dall’ischio e si inserisce sulla porzione mediale della tibia tramite il suo lungo tendine, al quale deve il nome;

 2. Semimembranoso, origina dall’ischio e si inserisce più centralmente, sia sulla tibia, che sulla porzione posteriore del ginocchio, oltre che nella capsula articolare;

 3. Bicipite femorale, di cui il capo lungo origina dall’ischio e quello breve dalla porzione postero-superiore del femore e vanno a convergere insieme sulla testa del perone. Quindi questo è il più laterale dei tre.

A causa del loro decorso, gli ischiocrurali sono potenti flessori del ginocchio (antagonisti del quadricipite) e estensori dell’anca (antagonisti del retto femorale).

 

Data la loro capacità di tendersi quando l’anca va in flessione (quindi il busto si inclina in avanti), e la loro inserzione sulla porzione posteriore del ginocchio, essi sono in grado di ridurre notevolmente la richiesta funzionale di lavoro da parte dei legamenti crociati in tutti i movimenti che generino forze in direzione antero-posteriore. Questo “aiuto” notevole che gli ischiocrurali forniscono ai crociati è possibile esclusivamente in caso di flessione di anca. In assenza di tale presupposto, i crociati sarebbero sobbarcati da un enorme lavoro per contrastare le forze antero-posteriori.

Ischiocrurali: all’interno il Semitendinoso, al centro il Semimembranoso, lateralmente il Bicipite femorale

Esecuzione e possibili varianti del Sissy Squat

Oltre ai dubbi e alle problematiche che fa scaturire questo particolare esercizio, esistono delle incongruenze anche nelle possibili interpretazioni dello stesso. Infatti, non è raro osservare diverse tipologie di esecuzione o esercizi apparentemente simili ma in realtà completamente differenti, prendere comunque il nome di “Sissy Squat”. Di seguito andremo quindi osservare le possibili varianti e le differenza che comportano.

 

Per poterlo fare però, è necessario definire finalmente i motivi che rendono il Sissy Squat cosi unico nel suo genere. I suoi vantaggi impareggiabili sono:

 1. La possibilità di stimolare il quadricipite femorale ad un angolo di flessione dell’anca molto minore rispetto a qualsiasi altro esercizio per i muscoli anteriori della coscia;

 

 2. La possibilità di essere estremamente settoriale per questa muscolatura, evitando di disperdere energie importanti nei gruppi limitrofi, un fattore solitamente ricercato nel settore del culturismo;

 

 3. La possibilità di generare un enorme Carico Interno sul muscolo target con l’utilizzo di un Carico esterno praticamente irrisorio (spesso anche a corpo libero si raggiunge il carico necessario per stimolare l’ipertrofia).

 

Questi suoi vantaggi però, in alcuni casi, comportano anche delle controparti potenzialmente dannose, che ci spingono ad analizzare nel dettaglio l’esercizio per renderlo quanto più efficace e quanto meno dannoso possibile.

 

LA PRIMA POSSIBILE VARIANTE che andremo ad analizzare è quella “semplice” in piedi a corpo libero, nella quale il busto quasi completamente eretto semplifica notevolmente l’esecuzione, ma a scapito di uno stimolo molto ridotto sul quadricipite. In tutte le varianti libere, il Sissy Squat si esegue portando il più possibile in avanti le ginocchia, portandosi quindi sulla punta dei piedi e mantenendo questi ultimi a una larghezza pari alle spalle o inferiore. Questo comporta un carico sul ginocchio inevitabilmente superiore rispetto a quanto sarebbe con uno squat classico a parità di carico esterno. Tuttavia, proprio a causa della sua selettività, il Sissy Squat non consente di caricare un peso che possa rivelarsi dannoso per la maggior parte delle persone sane e senza lesioni passate o fragilità conclamate (vedremo poi anche queste casistiche).

Sissy Squat a corpo libero versione facilitata: in blu l’angolo di flessione dell’anca, in verde l’angolo di flessione del ginocchio

Osservando le articolazioni coinvolte quindi:

 

 – La caviglia si flette dorsalmente. Questo determina l’evidente instabilità dell’esercizio, che, ovviamente, non deve volgere all’equilibrio (perchè disperderebbe il focus sul muscolo target a causa di un iperattivazione dei muscoli stabilizzatori) ma allo stimolo ipertrofico. Per tale motivo vi consiglio di eseguirlo con un appoggio laterale o frontale (a comodità) ma senza aiutarvi nel sollevamento con la mano;

 

 – Il ginocchio si flette fino al massimo possibile (gamba che tocca la coscia) enfatizzando fortemente lo stimolo dei 3 vasti del quadricipite in allungamento;

 

 – L’anca si flette fino a raggiungere i 90°, mantenendo cosi il busto perpendicolare al terreno. Questo comporta la perdita del primo tra i vantaggi di questo esercizio che abbiamo citato, poichè l’anca è flessa ad un grado simile ad uno squat normale, ma con lo svantaggio di poter sollevare molto meno carico. La selettività per il quadricipite rimane parzialmente grazie alla flessione dorsale della caviglia ma sconsiglio questa variante ad eccezione dei primi approcci al movimento oppure in casi di riabilitazione per procedere con gradualità. Il vantaggio di questa variante è dato proprio dal grado di flessione dell’anca, che favorisce l’attivazione degli ischiocrurali e quindi una riduzione delle sollecitazioni a carico dei legamenti crociati. Una volta superata la fase iniziale, consiglio direttamente di passare alla reale variante del Sissy Squat, che è la prossima che analizzeremo.

 

LA SECONDA VARIANTE è L’unica che vedremo che rispetta tutti i principi e sfrutta tutti i vantaggi dell’esercizio. Tuttavia, anche se questo la rende la migliore dal punto di vista dello stimolo, non lo è sempre per un aspetto preventivo e terapeutico, ma di questo parleremo più avanti.

 

In questo caso il movimento è analogo al precedente, con la differenza che, con il procedere della discesa (fase eccentrica), l’anteposizione del ginocchio e perfettamente bilanciata dalla retroposizione delle spalle, mantenendo costantemente una linea retta tra le spalle e il ginocchio, come se stessimo in piedi.

Sissy Squat in piedi: in blu il grado di estensione dell’anca (flessione = 0), in verde il grado di flessione del ginocchio

Rispetto alla variante precedente possiamo notare che: l’angolo di flessione del ginocchio è mantenuto, l’angolo di flessione dorsale di caviglia è leggermente ridotto e l’angolo di flessione dell’anca è pari a 0, ciò significa che l’anca è in completa estensione, come nella posizione eretta. Quest’ultima variazione consente all’esercizio di:

 

 1. Stimolare efficacemente anche il retto femorale (vi ricordo che prende origine dall’anca);

 

 2. Stimolare in forte allungamento anche i capi prossimali dei 3 vasti del quadricipite.

 

Entrambi stimoli che nessun altro esercizio può garantire.

 

La stessa estensione completa dell’anca però, presenta anche l’altra faccia della medaglia: quando l’anca è in totale estensione, gli ischiocrurali non possono tendersi, quindi risultano completamente rilasciati durante l’esecuzione e incapaci di sostenere i crociati nel contrastare le forze antero-posteriori. Le forze esercitate in questo senso sono principalmente in direzione anteriore, quindi sostenute sostanzialmente dal crociato anteriore. Anche se questo legamento sostiene in questo senso la maggior parte di tali forze, è altresì vero che la traslazione anteriore di tibia è molto più sollecitata a gradi di flessione del ginocchio inferiori, fino a completa estensione dello stesso (motivo per cui la leg extension può risultare dannosa in soggetti con crociato anteriore lesionato o ricostruito). Le strutture che in forte flessione del ginocchio risultano essere più a rischio sono invece i menischi, a causa del loro spostamento in relazione ai movimenti di flesso-estensione e alla notevole sollecitazione sul piatto tibiale che si verifica principalmente alla fine della fase eccentrica del movimento.

 

Sostanzialmente quindi, i crociati sostengono un maggior lavoro quando il ginocchio è fortemente esteso, mentre i menischi quando è fortemente flesso. Non dobbiamo perciò preoccuparci eccessivamente per i crociati ma non perchè non si debba raggiungere la totale estensione del ginocchio (questa può essere raggiunta, ma vi consiglio di non farlo per non perdere completamente tensione sul quadricipite), bensì perchè in questa fase, a causa di una notevole riduzione del Profilo di resistenza, la sollecitazione su queste strutture è comunque poco significativa.

 

Per i motivi sopracitati possiamo quindi dire che la variante classica del Sissy Squat non è controindicata per soggetti sani e senza un passato traumatico nelle strutture articolari o periarticolari del ginocchio (se ben eseguito e con il giusto carico e il giusto volume di lavoro). Per soggetti con Crociato anteriore lesionato, anche se la sollecitazione su questo legamento non è significativa, consiglio di bypassare questo esercizio e preferirne altri durante i propri allenamenti. Se, invece, siamo di fronte ad un soggetto con Crociato anteriore ricostruito, consiglio di reintegrare il movimento solo dopo i primi 4 o 5 mesi di riabilitazione, nei quali il focus dovrebbe essere più marcato su esercizi propriocettivi e in microgravità al fine di abituare il nuovo legamento a vicariare le funzioni del Crociato anteriore perduto. Se il soggetto presenta dolore patellare tendineo oppure meniscale, il mio consiglio è invece quello di evitare la somministrazione di questo esercizio, perchè potrebbe, anche senza sovraccarico, risultare deleterio per le strutture già dolenti.

 

L’ULTIMA VARIANTE che vorrei analizzare è quella eseguita con il macchinario apposito. In questo caso il busto rimane eretto e scendo posteriormente flettendo l’anca fino a circa 90°, mentre la gamba rimane fissa anteriormente.

Sissy Squat variante al macchinario

Analizzando questo esercizio si può facilmente notare che, rispetto alle versioni libere: la caviglia non subisce variazioni ne in flessione dorsale ne in flessione plantare, il ginocchio arriva a flettersi orientativamente fino ai 90°, e l’anca si flette fino ai 90° o anche oltre. Cosa scaturisce da queste differenze? Non vengono rispettati i princìpi peculiari del Sissy Squat perchè l’anca si flette notevolmente, e il ginocchio non supera la punta dei piedi, quindi, dal punto di vista dello stimolo, questa variante perde anche di selettività, poichè saranno fortemente coinvolti sia gli ischiocrurali che i glutei, ma anche in buona parte la muscolatura dorsale che estende il rachide. La perdita di questi stimoli sostanziali, in questo caso, non è compensata da una riduzione del rischio articolare, anzi, la traslazione anteriore di tibia imposta forzatamente dal macchinario, determinerà un aumento delle sollecitazioni a carico del Crociato anteriore. Comunque è vero che la flessione dell’anca stimola gli ischiocrurali a tendersi e ad aiutarlo nel sostenere queste forze, ma il carico sollevabile tramite tale macchinario, seppur superiore alla versione libera, è comunque irrisorio rispetto a quello ottenibile con uno squat classico, mentre invece la perdita di selettività per il quadricipite risulta essere un notevole svantaggio che rende nel complesso questo esercizio poco consigliabile nella maggior parte dei casi, sia sotto un aspetto allenante che di prevenzione e terapia. Per questo motivo, ad esclusione di casi in cui preparatori esperti valutino tale variante efficace e adattabile all’atleta specifico, consiglio di evitare questa modalità di esecuzione del Sissy Squat per tutti i motivi sopracitati.

Conclusioni e considerazioni finali riguardo il rischio di infortunio al ginocchio

Abbiamo potuto sviscerare adeguatamente i dilemmi intorno a questo esercizio cosi particolare, anche se i cenni anatomo-funzionali esposti costituivano il minimo indispensabile per poter osservare più da vicino il Sissy Squat. Il focus è stato mantenuto sulle principali strutture significativamente coinvolte nell’esecuzione e nelle varie tipologie, ma ciò non significa che le porzioni adiacenti (rachide lombare, caviglia ecc..) vadano completamente dimenticati: la trattazione specifica di queste componenti “secondarie” non è stata approfondita perchè non vengono significativamente coinvolte nell’esercizio, però delle cattive esecuzione o un eccessivo sovraccarico o volume allenante complessivo potrebbero comunque comportare alterazioni a carico delle stesse.

 

Prima di concludere, una breve considerazione va fatto proprio su questo aspetto: qualsiasi tipo di infortunio legato alla palestra, che sia a carico delle principali strutture coinvolte oppure a carico di quelle limitrofe, non dipende, come si crede, solo dalle esecuzioni scorrette o dal carico eccessivo. Ognuno di noi presenta una soggettiva (e adattabile) sopportazione al carico e a tutti i movimenti che possiamo effettuare: NON ESISTONO MOVIMENTI DANNOSI, è l’eccessiva quantità a determinare il danno. Se la capacità delle nostre strutture di sopportare un determinato movimento viene superata, o perchè il carico in acuto è eccessivo, o perchè viene reiterato in maniera non ben programmata nel tempo (eccesso del volume di lavoro con squilibrio nel rapporto carico/recupero), allora queste subiranno lesioni più o meno pronunciate, che vanno da lievi infiammazioni, fino a rotture vere e proprie difficilmente recuperabili.

 

Per i suddetti motivi, vorrei spronare il lettore a cambiare punto di vista: non osservare il Sissy Squat o qualsiasi altro movimento come dannoso a prescindere, bensì inizia a valutare che se hai dolori o alterazioni di ogni genere può dipendere da una scorretta programmazione degli allenamenti nel tempo, oltre che dall’inadeguata applicazione degli stessi in acuto.

 

Considerando tutti questi aspetti fondamentali, il mio consiglio spassionato è sempre quello di rivolgersi a professionisti del settore competenti e di cui ci si fidi. L’allenamento è un mondo di una complessità incredibile e scegliere di affidarsi ad un professionista è sempre la scelta migliore per scongiurare qualsiasi danno e ottimizzare gli stimoli per il raggiungimento dei propri obbiettivi.

iscriviti alla
bullteamletters