Curva di forza e Profilo di resistenza

Nei consueti discorsi in palestra relativi all’ambito dell’allenamento, raramente questi due concetti (Curva di forza e Profilo di resistenza) diventano il focus della discussione, anzi, nella maggior parte dei casi non si sa neanche di cosa si tratti. Nonostante ciò, stiamo parlando di due aspetti estremamente importanti, oserei dire fondamentali, per lo svolgimento di allenamenti efficaci, indipendentemente dal proprio obbiettivo. Andiamo quindi a sviscerare il loro significato e l’utilità pratica di una loro approfondita conoscenza.

Prima di entrare nel dettaglio è necessario ricordare che ogni volta che effettuiamo un movimento, o anche mentre siamo fermi, siamo costantemente soggetti ad una forza che tende a spingerci contro il terreno, e che non può in alcun modo essere elusa: l’attrazione gravitazionale.

Curva di forza

Quando parliamo della Curva di forza facciamo riferimento alla capacità dei nostri muscoli di esprimere un valore percentuale della loro massima tensione, il che dipende strettamente dal loro grado di allungamento iniziale, prima che la contrazione stessa abbia inizio. A livello microscopico i muscoli sono composti da moltissime unità contrattili dette Sarcomeri , la cui lunghezza iniziale determina proprio la capacità del muscolo nel suo insieme di generare tensione. Tale assunto è chiaramente definito dal Diagramma Tensione-Lunghezza.

Diagramma Tensione-Lunghezza del Sarcomero

Dalla lettura di questo semplice diagramma si può evincere che si sta parlando di una “curva” proprio per l’aspetto parabolico che questa acquisisce nella descrizione del grado di tensione muscolare in relazione alla lunghezza iniziale del muscolo: un muscolo in forte allungamento non consente una completa sovrapposizione dei ponti actomiosinici, quindi i Sarcomeri non si accorciano efficientemente. Ne consegue un grado di tensione basso e quindi un basso livello di forza; Analogamente, un muscolo in forte accorciamento, a causa di una già notevole sovrapposizione dei filamenti di actina e miosina, non è in grado di generare un rilevante livello di contrazione, e quindi di forza. L’unica soluzione rimanente è ovviamente il “livello di lunghezza ottimale“, che si aggira spesso, ma non sempre, intorno a un valore intermedio tra i due sopracitati.

Ma come è possibile comprendere quale sia il “livello di lunghezza” ottimale per ogni singolo muscolo del corpo umano? La risposta è in realtà abbastanza intuitiva e più semplice da trovare di quanto si creda. Facendo un esempio comprensibile, consideriamo la muscolatura degli arti, che, consentendo principalmente un movimento di flesso-estensione dell’articolazione intermedia (gomito o ginocchio) per consentire la loro contrazione, risultano abbastanza facili da analizzare.

ESEMPIO 1: Leg Extension

Questo è un movimento di flesso-estensione del ginocchio per lo stimolo del quadricipite femorale. Il grado di massima estensione del ginocchio rappresenta la massima contrazione possibile del quadricipite, mentre il grado di massima estensione il massimo allungamento del quadricipite. In questo caso sarà di rapida comprensione il fatto che ad un punto intermedio di questo arco di movimento possiamo ritrovare la massima capacità del quadricipite di esprimere forza.

Leg Extension: in alto la massima estensione del ginocchio (massimo accorciamento del quadricipite), in basso massima flessione consentita dal macchinario. Al centro il grado di allungamento ottimale per il quadricipite per esprimere forza.

ESEMPIO 2: Curl con bilanciere

Anche in questo caso avremo una flesso-estensione, nella quale la massima estensione del gomito corrisponde al massimo grado di allungamento del bicipite brachiale, mentre la sua massima flessione al massimo accorciamento di questo muscolo. Ne consegue che una flessione del gomito di 90° consente la massima espressione di forza del bicipite.

Curl con Bilanciere: a sinistra massima estensione del gomito (massimo allungamento del bicipite brachiale), a destra massima flessione del gomito (massimo accorciamento del bicipite).

Purtroppo la situazione non è sempre cosi semplice, ma possiamo racchiudere i principali schemi motori del corpo umano in tre grandi categorie:

1. MOVIMENTI DI SPINTA

In generale, pur essendo questi dei movimenti che coinvolgono una vasta gamma di muscoli, quelli maggiormente interessati tendo ad aumentare la loro capacità di contrarsi con il proseguire della fase concentrica. Per esempio nelle distensioni su panca piana la fase più difficile è quella in cui il bilanciere è al petto (ipotizzando di non lavorare con rimbalzi ma con fermo). Ovviamente questo non è un valore universale ed è strettamente legato a fattori antropometrici come la lunghezza degli arti. in più, sopraggiungono anche altri aspetti specifici dell’esercizio in questione come lo Sticking Point, o il blocco articolare ad influenzare l’alzata, oltre che, come vedremo Il profilo di resistenza;

Esempio di un movimento composto di spinta: Hack Squat

2. MOVIMENTI DI TIRATA

In questo caso ci troviamo in una condizione diametralmente opposta alla precedente, quindi avremo una riduzione della capacità di esprimere forza della muscolatura dorsale con il proseguire della fase concentrica. Ad esempio, nelle trazioni la fase in basso è quella più facile, mentre quella in alto è più difficile, con un aumento della difficoltà durante la salita stessa;

Esempio di esercizio di tirata: Rematore con bilanciere. Quando il bilanciere è a contatto con il corpo abbiamo la fase più difficile dell’alzata

3. MOVIMENTO DI FLESSO-ESTENSIONE DELLA ARTICOLAZIONI INTERMEDIE

Questo è il caso descritto precedentemente relativo alla Leg extension e al Curl con bilanciere che è valido quindi per i movimento del gomito e del ginocchio e che genera il grado di contrazione ottimale al centro del movimento.

Ci tengo ad evidenziare che questa descrizione è estremamente semplificata per consentire una rapida comprensione, ma in realtà moltissimi altri fattori possono concorrere alla variazione di questi valori oggettivi e analizzarli tutti renderebbe l’articolo eccessivamente lungo e si discosterebbe troppo dal focus dell’argomento.

Il significato pratico di quanto esposto non vuol dire che dobbiamo sfruttare solo i gradi di movimento più vicini alla tensione muscolare ottimale, bensì che è di primaria importanza conoscere questo aspetto della fisiologia muscolare per sfruttare al meglio la resistenza imposta dai sovraccarichi. Il discorso infatti verrà completato nel paragrafo successivo.

Profilo di resistenza

Parlando del Profilo di resistenza ci riferiamo alla variazione della resistenza offerta dal carico utilizzato in funzione dell’angolo di movimento. In relazione a ciò, vi ricordo che tutti i Resistance Training hanno lo scopo di utilizzare un sovraccarico (che sia un oggetto, un macchinario o il nostro corpo) al fine di aumentare l’attrazione gravitazionale alla quale sono esposte le nostre strutture. In particolare, il culturismo lo fa il maniera selettiva e con lo scopo di stimolare specificamente uno o più gruppi muscolari. Possiamo quindi suddividere in due grandissime categorie l’insieme di esercizi che si possono eseguire in palestra in funzione della resistenza che offrono e della direzione della stessa:

1. “PESI LIBERI” PROPRIAMENTE DETTI.

Ovviamente parliamo di manubri, bilancieri e altri oggetti, ma anche del nostro stesso corpo. Qui possiamo trovare una direzione della resistenza offerta perfettamente perpendicolare al terreno, quindi, analizzando le singole articolazioni coinvolte negli esercizi, possiamo affermare che più il carico si sposta dalla sua retta perpendicolare rispetto al terreno (in funzione del movimento specifico) più si riduce la resistenza che questo può offrire alle strutture coinvolte. Cerchiamo di renderla più semplice con qualche esempio.

 

ESEMPIO 1: Croci con manubri su panca piana. Il principale muscolo coinvolto è il gran pettorale in una adduzione-abduzione di spalla sul piano trasversale che può andare fino ai 90° in adduzione rispetto alla posizione zero (manubri che si toccano) e oltre la posizione zero in abduzione in funzione della mobilità dell’individuo . Se seguissimo esclusivamente il concetto di Curva di forza descritto dal Diagramma Tensione-Lunghezza potremmo dire che il punto di maggiore efficacia del movimento si attesti ad un grado di adduzione di spalla di circa 45° (intermedio tra la posizione zero e quella in cui i manubri si toccano). Però è proprio qui che subentra il concetto di Profilo di resistenza a venirci in soccorso: ricordando che il manubrio imporrà la sua resistenza sempre in direzione perpendicolare al terreno, avremo il grado di massima resistenza quando in gomito si trova in posizione zero al livello del tronco, poichè più in alto va gradualmente a schermare la direzione del manubrio per lo stimolo del gran pettorale. Quindi, più la fase concentrica prosegue, più il mantenimento del manubrio diventerà un processo passivo e indipendente dal gran pettorale, fino a raggiungere uno stimolo pari a zero quando i manubri arrivano a toccarsi. Per questo motivo, se si esegue questo esercizio, è bene lavorare principalmente nella fase del ROM in massimo allungamento (e, auspicabilmente con lavori metabolici ad alte ripetizioni) al fine di non dare un eccessiva variabilità al Profilo di resistenza e sfruttarne al massimo i gradi di maggiore efficacia per il gran pettorale. Il mio consiglio è di non superare mai i 45° gradi di adduzione di spalla in fase concentrica.

 

ESEMPIO 2: French Press su panca piana. Qui abbiamo un movimento di flesso-estensione del gomito sul piano sagittale che può andare dalla completa estensione del gomito (massima contrazione del tricipite brachiale) fino alla massima flessione dello stesso (massimo allungamento del tricipite), anche se il consiglio è di non andare troppo oltre i 90° di flessione. Anche in questo caso, seguire esclusivamente il Diagramma Tensione-Lunghezza ci porterebbe a pensare che ad un grado di flessione del gomito di 45° avremo il maggiore stimolo del tricipite, ma in realtà il Profilo di resistenza ci dice che con gomito flesso a 90° abbiamo un movimento a totale appannaggio del tricipite, mentre proseguendo con i gradi di estensione (e quindi con la fase concentrica) il lavoro di questo muscolo andrà gradualmente a ridursi perchè il carico sarà sempre più sostenuto dall’omero e dalla spalla in blocco articolare, fino a raggiungere un punto zero in completa estensione. Anche in questo caso quindi, l’attenta valutazione sia del profilo di resistenza che della Curva di forza sono necessari per sfruttare al meglio l’esercizio in questione. Il mio consiglio per questo esercizio è di completare l’estensione del gomito per non perdere gradi di ROM efficaci, ma di mantenere la spalla in leggera flessione (poco oltre i 90°) durante tutta la serie (quindi con gomito lievemente retroposto) al fine di mantenere costantemente almeno un lieve grado di tensione sul tricipite anche in totale estensione del gomito.

French Press su panca piana, fase iniziale: in rosso il grado di estensione del gomito; in azzurro il grado di flessione della spalla; in verde la direzione della resistenza offerta dal carico
Fase finale (fine eccentrica): allungamento ottimale del tricipite e mantenimento di un Profilo di resistenza ottimale

ESEMPIO 3: Trazioni alla sbarra. In quest’ultimo caso, essendo il corpo sempre perpendicolare al terreno, potremmo quasi dire che è poco rilevante l’analisi del Profilo di resistenza per la valutazione dei gradi di movimento efficaci. Questo infatti si mantiene sempre costante durante l’esecuzione, mentre a cambiare è la Curva di forza della muscolatura dorsale (e non solo) durante la fase concentrica. In esercizi che prevedono il mantenimento delle strutture coinvolte in una posizione perpendicolare al terreno, nel caso dell’utilizzo di pesi liberi, è più importante la valutazione della Curva di forza che del Profilo di resistenza.

Trazioni alla sbarra. fase più difficile del movimento (fine concentrica)

2. MACCHINARI

La differenza sostanziale risiede nel fatto che la resistenza offerta dal macchinario proviene dalla direzione dalla quale esce il cavo (lat machine o cable crossover) o dalla direzione che impone il macchinario stesso. Ovviamente la forza di gravità è sempre presente e si oppone sempre in direzione perpendicolare alle nostre strutture, ma in questo caso possiamo non considerarla poichè non stimolante ai fini ipertrofici o prestazionali. Dobbiamo fare in questo caso un ulteriore distinzione in:

 A. Macchinari che presentano un cavo o caricabili con dischi: è il caso, come dicevamo, della lat machine o del cable crossover, che presentano l’unica differenza, rispetto ai pesi liberi, di direzionare la resistenza a partire dal punto di fuoriuscita del cavo o dalla direzione del macchinario;

Esempio di macchinario caricabile con dischi: Pressa a 45°. La velocità di movimento è modulabile
Cable Crossover. La velocità di movimento è modulabile

 B. Macchinari isotonici: Parliamo di tutti quei macchinari che si caricano inserendo la lastra dei pesi e NON con i dischi. In realtà sarebbe più corretto chiamarli “macchinari isoinerziali” per motivi che esulano da questo articolo, e la loro particolarità è anche quella di imporre una resistenza costante in tutto l’arco del movimento, che impedisce di modulare eccessivamente la velocità di movimento, soprattutto in massima velocità (la velocità massima consentita da questi macchinari e di circa 6 radianti/secondo). Quello che li rende peculiari e molto utili nel culturismo a fini ipertrofici (ma meno negli altri sport a fini prestazionali) è la loro capacità di appiattire il Profilo di resistenza. Tuttavia presentano anche dei sostanziali svantaggi perchè la finalità prestazionale è di primaria importanza anche nel mondo della palestra e anche se il fine ultimo è la “mera” ipertrofia. Per questo motivo la loro attenta integrazione ragionata all’interno della programmazione e periodizzazione può essere estremamente utile per raggiungere i propri obbiettivi.

 

Esistono anche altri modi per tentare di appiattire il Profilo di resistenza senza l’utilizzo dei macchinari isoinerziali: alcuni esempi sono l’utilizzo di elastici associati al peso o al macchinario utilizzato, oppure sfruttare gradi di movimento in cui il profilo risulta ottimale. Qualora si scegliesse di utilizzare gli elastici per appiattire il Profilo di resistenza è importante che questi vengano applicati nella maniera adeguata, cioè facilitando la fase più difficile del movimento in questione.

Modo sbagliato per appiattire il Profilo di resistenza. In questo caso viene facilitata la fase facile del movimento

Nell’immagine soprastante si può notare che l’applicazione di elastici per facilitare un esercizio come le trazioni alla sbarra non ci permette di appiattire il Profilo di resistenza, anzi, aumenta ulteriormente il divario tra la richiesta di tensione tra l’inizio e la fine del movimento, a causa del fatto che va a facilitare la fase già facile del movimento. Questo non significa che sia sempre sbagliata l’applicazione di elastici in questi casi (se ben contestualizzato alla programmazione, un bravo preparatore sarà sicuramente in grado di somministrare correttamente questa modalità) ma generalmente la loro reale utilità nel mondo della palestra risiede nel concetto di cui abbiamo appena parlato, che non viene assolutamente rispettato in questo caso.

Modo corretto di applicare gli elastici, con un appiattimento del Profilo di resistenza

In questa foto invece possiamo notare una corretta applicazione degli elastici al fine di appiattire il Profilo di resistenza, poichè vanno ad aumentare la tensione nella fase facile del movimento. Una modalità molto più semplice è sicuramente quella al multypower, sul quale l’applicazione di un elastico è notevolmente più semplice.

CONCLUSIONI

L’obbiettivo di questo articolo era sia di sensibilizzare il frequentatore medio in palestra che generalmente tende solo a “spostare il peso”, sia di fornire spunti utili agli appassionati del settore per ottimizzare i loro allenamenti facendo alcune importanti considerazioni. Ovviamente i concetti descritti sono validi per ogni attività perchè rappresentano dei fondamenti imprescindibili della fisiologia del corpo umano, però rivestono un ruolo sicuramente più rilevante nel mondo della palestra piuttosto che in altri sport.

 

Valutare attentamente la Curva di forza e il Profilo di resistenza degli esercizi che svolgiamo è di primaria importanza per poter lavorare nei gradi di movimento più efficaci e non disperdere tempo ed energie inutili per il raggiungimento dei nostri obbiettivi. Come dicevamo, appiattire il Profilo di resistenza ha un valore notevole nella stimolazione all’ipertrofia perchè induce i meccanismi cellulari che sono alla base della stessa (non li approfondiremo in questo articolo poichè sarebbe eccessivamente fuorviante e dispersivo). Tuttavia, non sempre è sbagliato appiattire o azzerare del tutto il Profilo di resistenza. Ad esempio l’esecuzione di esercizi composti e pesanti come lo squat o lo stacco da terra non possono essere sempre eseguiti tentando di mantenere una tensione costante nelle strutture coinvolte, ma la loro integrazione nella programmazione risulta comunque di fondamentale importanza per raggiungere gli obbiettivi prefissati.

 

Pertanto, ci tengo a rimarcare che esistono casi in cui la Curva di forza e il Profilo di resistenza acquisiscono un ruolo non più primario nell’esecuzione di un esercizio molto efficace: in maniera estremamente sommativa e poco specifica è possibile dire che più l’esercizio è pesante e composto (cioè richiede l’utilizzo di molti muscoli per essere eseguito) e meno è rilevante la valutazione attenta di questi due fattori per la sua efficacia; viceversa, più il carico è leggero e meno sono i muscoli coinvolti (principalmente esercizi monoarticolari) e più sarà importante la loro considerazione.

 

Nonostante la descrizione di questi due princìpi sia stata molto rapida e poco specifica all’interno di questo articolo, spero che tornerà utile al lettore che ha desiderio di amplificare la qualità dei suoi allenamenti. Considerando la complessità degli argomenti trattati in relazione all’allenamento, per ottimizzare i propri risultati e scongiurare un qualsivoglia infortunio, il mio consiglio resta quello di affidarsi a professionisti del settore competenti.

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